ARAFAT E I CADUTI DI NASSIRIYA:STORIE DI MARTIRI

ARAFAT E I CADUTI DI NASSIRIYA:STORIE DI MARTIRI

  • 14/11/2004 |

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Immolare la propria vita in nome di un'ideale,un valore o un sogno era,è e sarà quanto di più romantico e irrazionale possa un uomo fare.
Sarà perché tutto ciò che è fuori dagli schemi e amabilmente folle mi da di genio e mi affascina irrimediabilmente,ho sempre guardato con rispetto e comprensione chi nelle società e nei secoli è stato fedele a un principio che gli infiammava cuore e cervello,anche sottoponendosi all'incomprensione e allo sdegno della cosiddetta “opinione pubblica” e all'ostilità delle istituzioni.
Ma pochi giorni fa,quando in concomitanza (oh ma oggi scrivo proprio difficile si vede che stog a diventà dottòr) con l'anniversario dell'attentato di Nassiriya è deceduto il leader palestinese Arafat, è risultato lampante che esistono martiri e martiri.
Arafat era una persona che ha dedicato la propria esistenza al tentativo di dare una patria al proprio popolo,e per questo è stato fatto diverse volte oggetto di gradevoli attentati alla sua vita da parte dei burloni israeliani...Arafat era un uomo che ha subito l'umiliazione di essere confinato per giorni in una stanza senza elettricità con una sola porta di legno a dividerlo dai soldati nemici che avevano occupato il “suo” parlamento...Arafat era un politico che costretto all'esilio veniva spesso cacciato a pedate dai governi delle nazioni a cui chiedeva ospitalità...tutto questo il dolce vecchietto Yasser l'ha fatto per amore di una nazione,la sua:la Palestina.
Yasser Arafat è un martire.
Ma il nonnetto,che amava farsi riprendere dalle telecamere con un gentile fucile mitragliatore in mano,era anche quello che pubblicamente condannava gli attentati in cui morivano decine di civili israeliani (la cui unica colpa era spesso quella di aver scelto l'autobus come mezzo di trasporto) e poi in gran (neanche tanto) segreto finanziava l'acquisto delle cinture esplosive e l'addestramento di adolescenti invasati che andavano a farsi esplodere tra la folla...era lo stesso che imponeva che nelle scuole i bambini che imparavano la geografia avessero di fronte delle cartine in cui Israele semplicemente non esiste,e che i suddetti bambini mandassero a memoria poesie inneggianti alla guerra e all'annientamento del popolo ebraico...era lo stesso che volle che la costituzione palestinese prevedesse la distruzione dello stato di Israele...e sempre di Arafat si parla quando oggi ci si riferisce a chi permetteva che i medesimi bambini affrontassero esili carri blindati antiproiettile con sofisticate pietre raccolte per strada...sempre il suo nome vien fuori quando ci si ricorda di qualcuno i cui comizi tenuti in lingua inglese avevano un contenuto accomodante e diplomatico,e quelli in arabo erano una prosopopea (madonna come scrivo forbito oggi!) della lotta armata e degli “shajid”,i suddetti uomini bomba,perlopiù gente senza nulla da perdere ridotta sul lastrico dalla politica dell'ormai ex-leader,i quali chiamo suicidi e non martiri in quanto spinti a questo gesto estremo non da un ideale ma in massima parte dall'indottrinamento fomentato dalla deprivazione e dalla disperazione.
E senza dilungarmi ancora (potrei...) Arafat era lo stesso che basava la sua politica interna sulla corruzione e più di ogni altra cosa è lo stesso che nel 1999 rifiutava un accordo di pace con Barak (primo ministro israeliano che per la sua disponibilità fu soprannominato “il limone”), che voleva finalmente far diventare la Palestina uno stato a tutti gli effetti, cedendo l'intera striscia di Gaza e il 99% della Cisgiordania;il nonnetto si tirò indietro adducendo alla scusa che lo spazio aereo sarebbe rimasto sotto il controllo israeliano e trascinò,dopo poco, il suo popolo armato di molti sassi e pochi mitra nella seconda sanguinosa intifada.
Mi correggo:Arafat è un martire,ma di serie C,come tutti i fondamentalisti,gli estremisti,gli ultranazionalisti,gli ultraortodossi e gli ultrafissati in genere.
Poi ci sono 19 uomini,19 persone normali come ce ne stanno per strada anche se ora vi affacciate alla finestra,19 persone che hanno scelto di prestare servizio in Iraq,consapevoli del rischio a cui andavano incontro.Hanno accettato tale missione mossi dall'onore di servire la propria patria all'estero,di portare il nome e la bandiera dell'Italia nel mondo,ma hanno accettato anche e soprattutto perché essere carabiniere significa non essere disoccupato,perché coi soldi guadagnati in Iraq ci avrebbero cresciuto i figli,pagato il mutuo della casa,aiutato il fratello in cassa integrazione o pagato i debiti del negozio del papà,ecco perché.
Sono questi i veri eroi:non chi annuncia e proclama,chi fa;senza lamentarsi e senza secondi fini,mosso da un puro spirito di sacrificio e generosità,che ha eguali solo nel Totò che in incognito andava a mettere soldi sotto le porte di casa dei poveri del rione sanità di Napoli,badando bene a non farsi scoprire.
Al di là dei funerali di stato,al di là delle speculazioni politiche e al di là delle riflessioni etiche sulla guerra,questa gente è martire non solo della patria,ma della famiglia,dell'onestà e del coraggio.
Martiri da champions league.
Non sono persona adatta alle celebrazioni,sono un po' viziosello e ricco di contraddizioni e contrasti,ma a pochi giorni dall'anniversario di quell'attentato sento di ricordare con affetto e commozione questi non eroi ma martiri,e quanto scrissi un anno fa su un registro che raccoglieva le firme dei cittadini in memoria dei caduti.
“Orgoglioso di essere italiano”
peppon1980@libero.it
Fonte:

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