Lo scrittore si racconta: Raffaele Messina

Lo scrittore si racconta: Raffaele Messina

Ritrovarsi di Raffaele Messina è un romanzo ambientato tra Capri e Napoli durante i dolorosi anni della Seconda guerra mondiale. Il racconto dell'iniziazione del giovane Francesco alla vita, ai suoi piaceri e ai suoi affanni, in un'epoca e in una società difficili, in cui non era possibile manifestare il proprio credo e i propri valori. È anche la storia di un amore che vince il tempo e lo spazio, e del sogno di un'esistenza vissuta nella pace e nel rispetto degli esseri umani. Ritrovarsi è un inno alla libertà e al coraggio di agire e di amare nonostante le difficoltà che purtroppo fanno parte del cammino dell'uomo. Un romanzo a volte duro, che racconta senza ingentilirli gli aspetti più cruenti dell'occupazione tedesca nel napoletano, riservando un posto particolare alle “Quattro giornate di Napoli” e alle disastrose conseguenze sulla città e sul destino del protagonista.
 
«[...> Era come un sovrapporsi di più presenze, misteriosamente esalate, scomparse, trasformate tutte in assenze. Ne restavano tracce evidenti, ma non c'erano più l'imperatore Tiberio e la sua corte, i suoi servi; non c'erano più gli archeologi e i loro operai. Non c'era neanche un custode. C'era lui, Francesco. Intruso, furtivo, e, come tale, anch'egli una presenza-assenza, partecipe dello stesso mistero».
 
Il suo romanzo è stato definito come un libro malinconico, ma allo stesso tempo una storia disperatamente ottimista. Qual' è lo stato d'animo prevalente di "Ritrovarsi"?
Malinconico, dolente certo: si parla pur sempre di un amore reso difficile dalle prepotenze di un podestà e dalla guerra. Tuttavia, Ritrovarsi (Guida editori, 2018) resta un romanzo profondamente gioioso e ottimista, per la forza del sentimento che racconta, l'amore appunto; e per la prospettiva di riscatto, individuale e collettivo, che indica.
 
Ci parli dello scenario della Seconda guerra mondiale e di quanto incide sul climax generale del romanzo.
C'è alle spalle un lavoro di documentazione accurato e approfondito che ho svolto per anni, quando ancora non avevo in mente l'idea di ambientare un romanzo in quegli anni. Nel nostro Paese è mancata per troppo tempo la narrazione di Napoli come città in guerra: La Pelle di Curzio Malaparte, Napoli 1944 di Norman Lewis e anche alcuni racconti di Domenico Rea in Spaccanapoli ci hanno rappresentato la miseria e il degrado morale nel periodo dell'occupazione alleata. Ma questo è solo il segmento terminale della vicenda bellica. È mancata, invece, la rappresentazione narrativa del suo essere stata prima illusa dalle promesse del regime (Napoli “porto dell'Impero”) e poi umiliata da oltre cento bombardamenti alleati e da una feroce occupazione nazista. Soprattutto è mancata la rappresentazione del suo essere stata la culla della Resistenza nazionale, al di là del riduttivo “mito dello scugnizzo”; il racconto della sua straordinaria capacità di ritrovare, proprio nel momento del dolore, la forza e la dignità della prima grande rivolta di popolo contro la Wehrmacht, prima tra tutte le grandi città in Italia e in Europa. Un paradosso che alcuni anni fa è stato messo in evidenza da Erri De Luca, il quale ha inteso porvi rimedio con alcune pagine che fanno da sfondo al suo romanzo Il giorno prima della felicità. Io ho ripreso e approfondito quella riflessione ponendola al centro della mia azione narrativa. In Ritrovarsi, ho raccontato la Napoli nei primi anni di guerra: quelli del consenso di massa, dei primi commenti ottimistici della gente comune di fronte ai cartelloni geopolitici collocati nelle piazze, e poi dei primi bombardamenti fino all'occupazione tedesca e alla rivolta popolare. Ad esempio, emerge con forza il ruolo dei tanti uomini appartenenti ai Carabinieri Reali che in città, dopo l'8 settembre 1943, si opposero ai nazisti esponendosi in prima persona. Insomma, ho cercato di dire che Salvo D'Acquisto, anche se più celebre, non è stato figlio unico, non è saltato fuori dal nulla. 
 
Quali sono le sue principali influenze letterarie con le quali si è formato e quali gli autori dai quali ha imparato di più?
Pirandello certamente. I lunghi anni di studio trascorsi sulle pagine delle Novelle per un anno, a scandagliare le sue tecniche narrative e le implicazioni umane e ideali ad esse sottese, mi sono rimasti dentro. E poi, ancora Luigi Compagnone, il Compagnone di Città di mare con abitanti, il suo dettato che non necessita di sovrabbondanze verbali per essere efficace. Ed Enzo Striano con Il resto di niente, per la capacità di tenere insieme la vicenda di un protagonista all'interno di un romanzo che voglia assumere anche un tono epico, corale.
 
Come fa a capire quando si sveglia al mattino, ogni giorno, se si sente più lettore o più scrittore?
Non mi pongo questa domanda. Di norma è la vita che ci dice cosa siamo, anche se in tanti s'illudono di determinare con la forza della volontà la propria esistenza: evidentemente non hanno letto l'Orlando Furioso. Ma io che lo rileggo ogni anno, so di essere narratore per caso. Probabilmente, se nel 2009 non fosse fallita la casa editrice Loffredo, una delle più grandi aziende produttrici di testi scolastici nel Mezzogiorno, io sarei ancora a scrivere antologie letterarie per i bienni o a commentare i classici. Probabilmente, se i concorsi e le carriere nelle Università italiane non fossero gestiti, in molti casi, con vergognosi criteri corporativi o nepotistici, io oggi forse sarei uno storico della letteratura più che uno scrittore creativo. Ma di quello che sono non mi dispiaccio affatto e alterno con serenità lettura e scrittura. Diciamo che pratico una scrittura nutrita di letture.  
 
Napoli è una città straordinaria. Ci parli del gran divario esistente tra gli aspetti che rendono incredibile la descrizione di questa città e dell'immenso dolore che Lei ne ritrae nelle Sue pagine.
Io sono nato a Catania e le mie radici sono ad Acireale, dove ho i parenti. Ma ho vissuto a Napoli per almeno cinquant'anni e la narrazione delle miserie e degli eroismi dei napoletani nei difficili anni di guerra sono, con molta probabilità, un modo per ripagare il mio debito di gratitudine nei confronti della città nella quale vivo. Detto questo, Napoli è una realtà troppo grande e variegata per entrare tutta in un romanzo o anche nel punto di vista di un solo autore. Non ho questa pretesa di rappresentatività e penso che nessun intellettuale dotato di buon senso possa nutrirla. 
 
E' stato negli ultimi anni a Capri? Quali sono le principali differenze colte dal suo animo di scrittore della Sua Capri descritta nel libro rispetto l'habitat isolano attuale?
Chiariamo subito una cosa: io non ho mai visitato Capri da turista. Vi ho vissuto per quattro anni, forse i più belli della mia infanzia, quando, sul finire degli anni Sessanta mio padre Sebastiano è stato il direttore didattico dell'Isola azzurra. La Capri che racconto è, dunque, il luogo concreto della mia infanzia; luogo che nel romanzo diventa anche archetipo della terra felice, dell'Eden. Forse è per questo che, in anni recenti, non ci sono più tornato. Ho avuto paura di vederla stravolta, imbarbarita dal consumismo, dalla speculazione edilizia, dal turismo di massa.
 
Sta scrivendo altro?
Sì. Ho scritto numerosi racconti e mi solletica anche l'idea di un altro romanzo, magari un sequel della storia di Francesco e Patrizia. Però mi sembra prematuro parlarne. 
 
C'è qualche scrittore contemporaneo che Le piacerebbe segnalarci?
Maurizio De Giovanni. Ho modo di frequentarlo poiché gravitiamo nella stessa comunità letteraria, a Napoli. So che adesso sta ultimando la stesura di un nuovo romanzo della serie Ricciardi, Il purgatorio dell'Angelo, in uscita a fine giugno. Lo leggerò con piacere. 
 
Contatti
https://www.facebook.com/raffaele.messina.94
 
Link di vendita
http://www.guidaeditori.it/ritrovarsi.html
https://www.ibs.it/ritrovarsi-libro-raffaele-messina/e/9788868663902
https://www.amazon.it/Ritrovarsi-Raffaele-Messina/dp/8868663902
 

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