Nightguide intervista gli Origod

Nightguide intervista gli Origod

Gli Origod sono una band torinese dedita al postcore (definizione decisamente riduttiva, in ongi caso) e ai volumi alti e deliziosamente potenti. Dopo otto anni di intensa attività live sono tornati con questo nuovo lavoro, Solitude in Time and Space, uscito il 30 marzo per Argonauta records. Ci abbiamo scambiato due chiacchiere. 





Il vostro nuovo album, Solitude in Time and Space, uscirà il 30 marzo: potete raccontarci qualcosa sul disco?
Marco:il disco nasce in un periodo che per me era di gran transizione: cambio di lavoro, inizio serio di una relazione, sfociata poi nel matrimonio; sembrava un periodo nel quale le mie energie sarebbero dovute essere catalizzate in altri campi, ma che in realtà si sono tramutate in un naturale fluire di idee che da tali si sono tramutate in musica. Il tutto è nato in una maniera quasi casuale ma ha avuto la forza di supportarmi a livello creativo musicale.
Luciano: Credo che questo album rappresenti appieno quello che sono gli Origod oggi. Nel corso degli anni siamo cresciuti molto come persone e come band e di conseguenza anche il nostro modo di comporre è cambiato. A livello musicale penso che “Solitude...” sia un perfetto mix di melodia, aggressività e groove. Cose che in passato erano più sacrificate in favore di un attacco frontale continuo.
Dario: abbiamo intitolato l'album: Solitude in Time and Space per fare una critica alla società di oggi e al concetto di “progresso”, cercando di portare l'attenzione su come i social network continuino ad influenzare troppo le nostre vite condivise online tra selfie, frasi fatte e citazioni sgrammaticate. Che speranze abbiamo per un futuro migliore?
Vincenzo: questo album, nonostante la lunga gestazione, rappresenta la nostra parte più matura, più intimapenso questo. A livello sonoro ma anche e soprattutto nei testi; i nostri brani sono interpretazioni personali della società che ci circonda, vere e proprie esperienze sociali.


Da un punto di vista di registrazioni siete stati fermi per otto anni, ma avete suonato praticamente ovunque nel frattempo: questi otto anni sono serviti ad accumulare idee per il vostro nuovo lavoro?
Marco: partendo dal presupposto che nella nostra band tutto si svolge con tempi biblici, siamo tutti molto attivi nei nostri gusti e nelle scelte musicali individuali, che pretendono troppo tempo per collimare in un unico intento.
A mio parere, una formula fondamentale per il nostro fine è proprio la diversità dei gusti musicali di ogni componente della band.
Luciano: Ha ragione Marco, siamo lentissimi nel fare qualsiasi cosa ahahahaha!!! Risate a parte, si questi anni sono serviti a mettere da parte riff e idee, ma al tempo stesso suonare dal vivo (che è una cosa che ci piace tantissimo fare) spesso ovviamente non ti permette di poterti prendere il tempo necessario per scrivere un disco in tempi brevi.
Dario: No comment, ahhaha
Vincenzo: direi che ho già risposto.


Siete etichettati come post core, ma personalmente credo che la vostra musica sia decisamente più varia: quali sono le vostre influenze, e come riuscite a unire sonorità tipiche dell'HC con la melodia con la naturalezza che avete?
Marco: personalmente vengo da una scuola prettamente hardcore a 360 gradi del suo genere, fino alla sua espressione più metal e poi black metal e grind core e altro (ma questi sono più gusti personali). Per quanto riguarda il risultato finale di ORIGOD, è una perfetta miscellanea dei gusti più oscuri del batterista, delle ritmiche di chitarra, se vogliamo un po'più hard rock, senza tralasciare la cattiveria e le metriche vocali che spaziano da una linea più melodica al growl più intenso.
Luciano: L'etichetta “Post” ormai è un po' la parolina magica per etichettare una band che suona musica non direttamente identificabile in canoni e generi precisi. A parte questo, ognuno di noi ha ascolti e gusti diversi e questo credo sia un bene. La musica degli Origod è tutto questo, la somma delle nostre influenze ma soprattutto il risultato di una visione comune su cosa vogliamo trasmettere a chi ci ascolta. Personalmente adoro la musica estrema in ogni sua forma: hard core, death metal, black metal, ambient, noise ecc.
Dario: Gli anni '90 in ambito rock, metal e hardcore hanno sfornato una marea di gruppi ai quali sono molto legato. Oggi i gruppi anche nei sottogeneri più underground si assomigliano un po' tutti. Abbiamo cercato di dare il massimo in ogni traccia del disco per creare delle canzoni che si lascino ascoltare al di là dei vari generi musicali. Ritengo sia una delle cose più difficili da fare.
Vincenzo: ovviamente noi Origod siamo della stessa generazione, l'adolescenza è stata segnata dagli anni '90. Nonostante le preferenze stilistiche di ognuno di noi, la cosa fondamentale che ci accomuna è la mentalità tipicamente metal/hardcore.


Avete scelto Perception of Dreams come primo singolo, come mai questa canzone?
Marco: sebbene sia uno dei pezzi più datati dell'album è quello che racchiude di più l'intento finale di ogni componente della band.
Dario: c'è un mix di rock e hardcore dall'inizio alla fine del pezzo, direi che rappresenta al meglio la nostra idea di musica.
Vincenzo: direi che rappresenta pienamente il concetto di “ Solitude in Time and Space", sia come significante che come significato.


La cover del disco ricorda i disegni di Moebius, in un certo senso: come mai avete scelto questa immagine, e cosa significa per voi?
Marco: l'immagine scelta per il concept (creata da Gioele Bertin) rispecchia perfettamente quello che io intendo per scoramento e senso di inadeguatezza nel tempo e nello spazio in cu tutti noi viviamo.
Dario: Gioele ha fatto un gran lavoro, basandosi su quanto ho detto nel punto 1) 

 
L'Italia non è un paese facile per la musica, sopratutto per la musica che esce dai canoni di quello che viene ritenuto commerciale: come vedete l'industria musicale nel nostro paese, e come vi trovate?
Marco: per fortuna in Italia abbiamo molte band valide per quanto riguarda l'underground, anche se sfortunatamente non riscuotono il successo che meriterebbero in paesi più progrediti a livello musicale. Siamo indietro, il nostro paese è incredibilmente all' avanguardia per certi aspetti a livello di proposte, ma è all'età della pietra per il bacino di utenza autoctono. Un fastidiosissimo ossimoro da sopportare ma gente come noi non mollerà mai, anche solo per arrivare al cuore di qualche teenager, amante di certi generi particolari, che possa sviluppare la propria maturità musicale.
Luciano: Il problema è che quello che una volta era underground adesso è un prodotto normale che non impressiona più nessuno. Le band nascono come funghi, durano un paio di anni se non meno, propongono esattamente la musica che i ragazzini si aspettano da loro e poi quasi sicuramente si sciolgono. Il mercato è inflazionato da band e dischi di cui si potrebbe sicuramente fare a meno, ma che soffocano una scena musicale già moribonda da tempo. Manca personalità, idee originali e soprattutto ATTITUDINE. La musica estrema o underground non è mai stata solo musica.


La domanda che tutti odiano: quali sono i vostri tre album preferiti, quelli che non possono mancare nella vostra collezione?
Marco: tre dischi in particolare non sono in grado di classificarli, la musica è troppo vasta, anzi infinita per racchiuderla tutta in tre album. Puoi suonare prevalentemente un genere ma non sarai mai un musicista finito se non saprai assimilare il meglio che puoi da tutto ciò che suona e compone una melodia.
Luciano: Io a differenza di Marco tre album per me importantissimi a livello personale li voglio citare. 1 TIAMAT “Clouds”, 2 CARCASS “Reek of Putrefaction”, 3 ENTOMBED “Left Hand Path”. 
Dario: Difficilissimo rispondere... Al momento direi: 1 Alice in Chains “Dirt”, 2 Soundgarden “Superunknown”, 3 Killing Joke primo e omonimo album.
Vincenzo: I miei preferiti sono tantissimi! Sicuramente I tre che non potrebbero mai mancare nella mia collezione sono “Dirt” degli Alice in Chains; “Queen II” dei Queen; “Animals” dei Pink Floid.


Avete qualche consiglio per chi mette su una band adesso?
Marco: a tutti coloro che vogliano mettere su una band di musica di “nicchia” in Italia porgo i miei più sentiti auguri: facciamo quel che facciamo perché sappiamo che quello che proponiamo è per una sorta di elite musicale che a stento si forma sul nostro territorio ma che c'era, c'è e sempre ci sarà, quindi sbattetevene le palle di tutta la merda commerciale che infesta i nostri network radio e ricordate che il metal, in tutte le sue forme, è il genere più suonato ed ascoltato nel pianeta. Keep it on guys! Grazie mille!
Luciano: Mettete in piedi una band se veramente avete qualcosa da dire. Fatelo per voi stessi prima di tutto, per appagare il bisogno di esternare ciò che siete e quello che volete gridare in faccia a tutti.
Dario: Se tutti comprano una Telecaster o comprano un ampli della Orange, non seguite a spron battuto il gregge, cercate di creare un vostro suono, una vostra identità musicale che vi aiuti anche a distinguervi dagli altri. Non cercate di fare stoner o sludge a tutti i costi.
Vincenzo: noi Origod veniamo da una generazione che forse aveva ancora una sana influenza musicale. É difficile per le nuovi generazioni riuscire a scremare tutta la spazzatura che li circonda. Oggi i mezzi tecnici sono infiniti ma anche la superficialità che annebbia le idee e contamina l'anima. Se riuscissero a districarsi in questa giungla di chiacchiere e banalità estetiche sarebbero già sulla giusta strada per creare qualcosa di interessante.

argonauta records, interviste, origod

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