Nightguide intervista Andrea Fabiano

Nightguide intervista Andrea Fabiano


La timidezza delle chiume di Andrea Fabiano è uscito il 5 Giugno per Junkfish Records: il titolo prende il nome da un fenomeno naturale che non ha ancora una spegazione precisa, che fa si che le chiome degli alberi non si tocchino. Forse per motivi meccanici, per bisogno di luce oper proteggersi dal vento: la timidezza delle chiome è un fenomeno che ancora non si spiega. Con le sue sette canzoni, La timidezza delle chiome parla di vicinanza, lontananza e distacco, e diventa particolarmente significativo in questo periodo di pandemia.





La timidezza delle chiome è un vero e proprio fenomeno naturale che non ha ancora una spiegazione certa, ma serve sicuramente a sopravvivere e prosperare, come madre natura fa da sempre. Nel comunicato che presenta il tuo lavoro ho letto che è una strategia che la società individualista ha assunto da sempre, ma solo con la pandemia ha aggiunto la solidarietà fra le sue caratteristiche. Domanda: sei sicuro che sia sempre stato così? Perchè spesso e volentieri mi è sembrato che l'albero più grosso montasse addosso a quello più piccolo, qui in giro.
Credo che nella tua domanda e nella parte di comunicato che hai riportato ci sia già la risposta,
infatti parlo di una “società individualista” (quindi non protesa verso il prossimo) nella quale solo al tempo del Covid la strategia di vivere nel distacco ha assunto lo spirito di solidarietà che caratterizza le piante.


Il tema che hai scelto, il titolo del disco e le canzoni sono tutte strettamente colelgate: è come se tu avessi scritto un concept album sulla lontananza da quarantena senza ancora sapere che sarebbe successo. Come ti sentivi quando hai scritto questi pezzi, e rileggendoli e riascoltandoli ora con tutto quello che è successo ti danno un'impressione diversa?
In realtà le canzoni contenute in questo lavoro raccontano sì il desiderio del distacco ma anche quello di vicinanza. Anche se in apparenza può presentarsi come un “concept album”, c'è stato un percorso inverso nella sua genesi, non ho scelto a priori un filo conduttore su cui scrivere.
Nel momento in cui dovevo decidere un nome mi era venuto in mente quello di un fenomeno naturale che mi aveva affascinato molto “La timidezza delle chiome”. Ne ero entusiasta e, molto banalmente, l'ho scelto perché mi piaceva come suonava.
Poi, come spesso accade nella vita, ho cercato di dare un senso a questo percorso solo dopo averlo portato a termine.
Ho voluto trovare una connessione tra quel nome e le mie canzoni e ho capito che, in effetti, il disco poteva essere ben rappresentato dal fenomeno botanico in questione.


Lo sguardo del cantautore su un mondo che ha smarrito il concetto di distanza”. Cosa significa esattamente? Parli da un punto di vista sociale, di spazio geografico o entrambi?
Intendo che i rapporti che viviamo in questa società, sempre più malata, sono caratterizzati ormai da distanze e dinamiche estreme. Siamo totalmente isolati, rinchiusi nella nostra stanzetta, convinti di affacciarci al mondo guardando uno smartphone, che ci illude di essere vicini solo perché connessi allo stesso social.
Poi c'è il desiderio di avere consensi e approvazione, ma sempre virtuale, anche se non è ciò di cui avremmo veramente bisogno.
Quando le distanze si accorciano, spesso sconfiniamo nella privacy e soprattutto nella sensibilità altrui.
Per le persone timide non è un mondo facile da vivere. 
Sogno una società in cui il distacco e il contatto siano davvero funzionali a una convivenza costruttiva e solidale, dove la misura è la discrezione.


Domanda collegata: dopo un periodo di distanza forzata che tipo di musica ti senti di scrivere ora, visto che è un tema che hai trattato in questo disco?
Credo ci sarà un'evoluzione nel suono e una consapevolezza diversa nella scrittura.
Sicuramente continuerò a parlare di ciò che vivo in prima persona o di ciò che mi colpisce.
Per ora mi piace la concretezza e l'idea che le canzoni possano essere un mezzo privilegiato per poter dire a tante persone cosa penso di ciò che accade. 


E la domanda di rito: dove ti andrebbe di suonare dal vivo, appena potrai farlo?
Dove ho sempre amato farlo, nei luoghi piccoli o inconsueti.
Ora più che mai, avrei bisogno di poterle guardare negli occhi le persone.
Suonare in un contesto grande è sicuramente galvanizzante ma le energie si disperdono facilmente.
Io vorrei che ogni spettatore/spettatrice sentisse chiaramente che le mie storie le sto raccontando proprio a lui/lei.

andrea fabiano, interviste emergenti, interviste musica, la timidezza delle chiome

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