Nightguide intervista Ike

Nightguide intervista Ike


Più che un disco, una fotografia del mondo visto da Ike: Construction site è il suo nuovo album, uscito il 10 Maggio, registrato in giro per mezza Europa con sedici musicisti provenienti da sette paesi diversi. Ne abbiamo parlato con lui.


Constuction site è il nome del disco, ma sembra anche il nome del nostro pianeta: tutto è in costruzione e in movimento perpetuo. Come credi si stiano evolvendo le cose nel cantiere, cosa c'è che non va?
Hai perfettamente colto il concept. Siamo in un cantiere sempre molto attivo, dai vulcani all'intelligenza artificiale passando per batteri, microorganismi e muschi ci stiamo dando un gran da fare per migliorarci come esseri viventi ed è un po' lo scopo della vita stessa quella dell'auto miglioramento. Il sole pure è li che brucia per rendere tutto questo da farsi pieno o privo di senso a seconda di come la si vuol vedere. Sappiamo che tra più o meno 2 miliardi e mezzo di anni la nostra stella diventerà una gigante rossa lasciando ben poco nel nostro sistema solare. Ogni tanto bisogna pensarci a queste cose. Io ho voluto farlo con la musica e l'album vuole essere una sospensione di giudizio nei confronti di come ci stiamo comportando come esseri umani in relazione alla Terra. Elencare le cose che non vanno ci pensa già egregiamente la stampa di tutto il mondo rendendoci poco fiduciosi nei confronti del futuro e questo non ci fa bene. Io piuttosto vedo il tutto come un cantiere operoso dove si persegue il bello e il buono, certo facendo innumerevoli errori ma con una tendenza di fondo migliorativa. A me piacciono le notizie che non fanno notizia, quelle buone, ad esempio quelle che ci ricordano che il buco nell'ozono si sta chiudendo progressivamente. O che il sole sta avendo una fase di minimo da record, il che vuol dire che la sua attività nucleare diminuisce l'irradiamento verso i pianeti comportandone un raffreddamento che presto chiameremo piccola era glaciale anche qui sulla Terra. Mi fa pensare che come ogni sistema di un corpo umano è intimamente collegato al suo interno nelle sue parti così anche gli organismi sulla Terra lo sono e più in la anche i pianeti e il Sole hanno una stretta relazione tra loro. E' vero che la Terra sta soffrendo un riscaldamento repentino dovuto in gran parte da un'eccessiva attività umana ma è anche vero che il Sole ne subisce un influenza comportandosi di conseguenza e quindi raffreddandosi. Quest'ultimo esempio ben coincide con le idee dentro Construction Site.


Hai cercato i tuoi musicisti in giro per il mondo per un bel pezzo: come hai sentito che quelli che hai trovato sono quelli giusti, come è scattata la scintilla? E dove li hai trovati?
Si sono fatti trovare, nel senso che io muovendomi ho sempre parlato e condiviso il mio progetto e la mia musica e suonando assieme a molti musicisti ho capito sempre emotivamente con quali c'è un'intesa sincera. Così non è stato quasi mai difficile trovarsi.


In un momento in cui tutti sembrano voler tirare su muri voi siete una band multietnica: da un certo punto di vista è rivoluzionario (assolutamente in positivo): che ne pesi?
Non ci penso tanto a questo aspetto multietnico dei musicisti coinvolti, sono sempre stato molto affascinato dal suono e le sue declinazioni timbriche e quindi emotive. Ci sono emozioni che solo una suite di Bach riesce a manifestare e questo è per l'umanità tutta così come altre emozioni solo un coro di voci bulgare può al meglio raccontare. Sono le spezie dell'anima dell'essere umano che nei millenni si è trovato a popolare la Terra in luoghi diversi generando anche strumenti musicali diversi e che si portano a presso le sfumature della tal area geografica. I sono un sostenitore dei confini, per me i confini culturali sono importanti e vanno valorizzati perché nella diversità ci può essere incontro, scontro, discussione e arricchimento. Non sono d'accordo che ci siano persone che hanno accesso a privilegi e altre no solo in base al luogo e la cultura di provenienza, su questo vanno costruiti dei ponti di connessione e l'arte, nello specifico la musica, può fare molto dal momento che scavalca il livello del linguaggio verbale e si serve solo del livello emozionale a tutti comune. I muri non sono una bella cosa se posti tra le persone, e sono il sintomo che la gestione del mondo non funziona: la mal distribuzione della ricchezza nel mondo. Ciò che mi spaventa ancora di più però è la tendenza all'azzeramento delle identità culturali a favore di modello globale di essere umano, che non tiene conto delle sfumature e caratteristiche delle diversità della Terra. Procedendo in questo modo stiamo creando un modello unico occidentale fondato su valori quasi esclusivamente economici e di profitto che attrae i popoli di tutta la Terra a fare lo stesso e quindi a voler varcare quei confini che sono profondamente culturali ma che poi prendono forme di muri e passaporti perché la vita frenetica non ci concede tempo, riflessione, approfondimento, assimilazione vera delle culture del mondo. Siamo in un tritatutto a massima velocità e la politiglia multietnica che sta uscendo non ha sapore, colora di marroncino e ci fa farà fare indigestione.


C'è qualcosa a cui tieni particolarmente dentro il disco? Un messaggio, una melodia, una canzone?
Il messaggio che abbraccia tutto il lavoro è quello che si può evincere dalla riflessione sul rapporto tra essere umano e natura: siamo attratti da un futuro che promette l'immortalità dei corpi dimenticandoci delle leggi che governano il pianeta Terra e che rendono possibile la vita nostra e di tutte le forme di vita che sperimentano continuamente l'auto miglioramento, tutte le forme di vita, anche quelle più piccole come batteri, virus. Siamo tutti accomunati dall'esperienza qui sulla Terra e questo pianeta ha delle leggi alle quali non si può sottrarsi. Una riflessione che vorrei andasse oltre l'ambientalismo a favore di una presa di coscienza ampia che ci accomuna non agli altri esseri umani ma a tutte le forme di vita, intimamente connesse e interdipendenti per sottili e antichi equilibri.


Ho letto, e cito testualmente, che “i mix sono stati effettuati nelle camere d'albergo, nelle sale d'aspetto degli aeroporti, in volo o in lunghi viaggi in treno, e le registrazioni in appartamenti, sottoscala, auto e studi di registrazione in Italia, Finlandia, Germania, Serbia e Bulgaria”. Ci racconti qualcosa in proposito?
Viaggiando sempre con il portatile, una scheda audio e un buon microfono mi è stato possibile registrare le parti che costituiscono l'album ovunque mi trovassi, un lavoro autoprodotto con budget zero mi ha spinto a trovare soluzioni creative per registrare i musicisti e risparmiare sugli studi di registrazione. Alla fine con alcuni accorgimenti si possono fare grandi cose anche così e ne conferisce al lavoro finale una pasta sonora particolare. Le batterie invece sono state registrare da Niklas Ahlsved nel suo studio a Helsinki così come l'intero lavoro è stato masterizzato da Hannu Lamminmäki sempre ad Helsinki.


C'è un tour in arrivo? Dove vi porterà?
Ci sono due date chiave che saranno quelle ufficiali di presentazione del disco: il 7 giugno all'Eden Cafe di Treviso e il 9 Luglio al Klunkerkranich di Berlino. Saranno due date fondamentali da cui poi seguiranno altri concerti in tutta Europa: ledate usciranno dopo i due release concert.


Anche la copertina è un mix di provenienze, con Silvia Toja da Milano e Klaudia Kost dalla Polonia: cosa significa l'opera?
La copertina è un divenire di idee, un cantiere aperto e ad oggi è stata, ancora, impreziosita dalla mano della tedesca Christina Holzke che ne ha realizzato una sua personale interpretazione e che si potrà vedere solamente nel disco fisico. La polacca Klaudia Kost ha avuto l'idea primordiale della passerella nella foresta che ben riflette un strada costruita dall'uomo che si fa strada nella foresta in modo rispettoso, dove comunque la natura domina, e si dirige verso un pianeta misterioso che è allo stesso tempo il futuro di una Terra da riscoprire e un pianeta altro di cui si conosce molto poco. In sostanza è la tendenza dell'Uomo verso l'ignoto.


Quali sono i tuoi tre dischi preferiti?
Dipende sempre dal periodo, in questo periodo mi piace molto ascoltare il Piano quintet di Shumann op. 44 eseguito dall'Emerson Quartet (Deutsche Grammophon), ho l'impressione che Shumann (all'epoca trentaduenne) conoscesse i ritmi dell'uomo moderno dell'epoca e dell'Uomo del futuro, cioè noi oggi.. un lavoro che risale al 1842, ha una dinamicità, una quantità di idee che si snocciolano sempre al momento giusto poco prima di divenire prevedibile. Oggi che le radio ci propongono per la maggior parte brani che durano al massimo 3 minuti, vedo questo Shumann assolutamente puntuale. Poi il disco Compassion di Matthew Barnes in arte Forest Sword, un disco che osa nelle sonorità, che dona coraggio a chi produce musica, è un disco ritualistico e graffiante che ancora non ho ben capito nel suo insieme ma funziona, uscito nel 2017 per Ninja Tune. E poi ho scoperto un vecchio ma significativo album di Jazz Europeo:Off Limits di Kenny Clarke & Francy Boland big band. Significativo perché si può sentire l'incontro tra eleganza europea e groove afro-americano. La mia traccia preferita Osaka Calling, questo lavoro è del 1971 uscito per Polydor.

construction site, ike, interviste

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