Nightguide intervista i Mellow Mood

Nightguide intervista i Mellow Mood

Nightguide ha avuto l'onore e il piacere di intervistare i Mellow Mood, grandissima band reggae italiana ormai famosa in tutto il mondo.
Hanno portato la tradizione reggae italiana a dei livelli altissimi - notizia proprio di questi giorni la loro partecipazione al Jamming Festival 2016 in Colombia - trasformando la loro musica da fenomeno di nicchia di un genere non propriamente nostrano, ad arte internazionale e usufruibile anche dove questa musica viene fatta per tradizione.
Sono giovani ma molto prolifici e con le idee molto chiare. E nonostante il loro crescente successo, non si stancano di sperimentare e guaradare oltre.
Sentiamo un po cos'hanno da dire.

NG. Una domanda che spesso sento fare dai non conoscitori del genere e che rigiro a voi è come può un genere così geograficamente e se vogliamo anche culturalmente localizzato come il reggae incontrare la cultura musicale italiana e, nello specifico vostro, cosa unisce una terra come il Friuli alla Jamaica? E come vi siete approcciati da piccoli a questo genere?
MM. La musica non ha confini, specialmente in un tempo in cui le nuove tecnologie ne permettono la fruizione immediata in ogni parte del pianeta. Direi che è anche grazie a questo che abbiamo scoperto la musica in levare. È vero che il Friuli e la Giamaica sembrano due mondi lontanissimi tra di loro, ma se si guarda bene ci sono diversi punti di contatto. La nazionale giamaicana di atletica ha il suo capus per gli allenamenti in Europa a Lignano Sabbiadoro (UD), e per quindici anni abbiamo avuto in regione il festival reggae più grande del continente... Ed avere il Rototom Sunsplash a 40km da casa è stata una gran fortuna.

NG. Quanto il reggae è un genere musicale e quanto lo definisce una vera e propria filosofia?
MM. Che ci sia una componente filosofica/spirituale/politica nella reggae music è innegabile. Ma lo stesso si può dire di tanti altri generi musicali che creano una propria cultura: guarda al rap, al punk... Il reggae ha anche sessant'anni di storia stratificata a cui è inevitabile appassionarsi. Direi che noi ci siamo tuffati dentro più che volentieri.

NG. Siete giovanissimi eppure già molto affermati in Italia e all'Estero. Cosa significa per voi rappresentate il reggae italiano per il mondo? Quanto siamo credibili in questo genere agli occhi del pubblico straniero?
MM. È un grande onore essere a volte l'unica band italiana in cartellone a diversi festival in giro per l'Europa, o oltreoceano. Ma direi che la scena reggae italiana negli ultimi anni ha fatto passi da gigante per quanto riguarda l'apertura verso l'estero. Alborosie ha giocato un ruolo fondamentale a mio parere, spingendo molti di noi a guardare direttamemente alla Giamaica. La scena italiana è forte e assolutamente credibile sui palchi di tutta Europa!

NG. Siete da sempre stati ispirati dai pezzi di Marley. Qual è l'aspetto del suo modo di comporre e suonare che vi ha maggiormente colpiti?
MM. Bob Marley è il re! Ha scritto alcune delle pagine più belle della musica del XX secolo; è uno dei cantautori più completi che abbiamo avuto. Da un punto di vista musicale certamente - alcuni dei suoi dischi sono semplicemente perfetti -,   ma anche sociale, politico, spirituale. Ed è stato l'uomo che ha fatto conoscere al mondo questa musica. Impossibile non guardare a Marley!

NG. State per concludere un tour estivo che si può definire sicuramente ricco e di successo. Io personalmente ho avuto il piacere di vedervi all'Home Festival e, anche si non c'è bisogno si dirlo, è chiaro che il pubblico vi adora. Diteci un ricordo, un episodio o comunque qualcosa che vi porterete sempre dentro di questa estate lunghissima e, se c'è, un rammarico o qualcosa che avreste voluto fare e non avete fatto.
MM. Direi che è stata un'estate molto bella. Ci sono stati dei momenti magici, come il Rototom Sunsplash, altri molto divertenti come al Reggaeland in Polonia dove il palco era completamente ricoperto di effimere (era difficile tenere gli occhi aperti)! O quando suonavamo in apertura ai Groundation a Torino e abbiamo dovuto interrompere il concerto a causa di un acquazzone terribile, ma né noi né il pubblico avevamo voglia di smettere... Tutto quello che non siamo riusciti a fare, speriamo di farlo l'estate prossima!

NG. Nonostante l'estate vi abbia tenuto seriamente impegnati, sappiamo tutti che avete molto in cantiere per concludere a marce ingranate questo anno. Raccontateci qualcosa in più di questo progetto che è Tempesta Dub e del vostro documentario Dubfiles Song Embassy.
MM. La Tempesta è la nostra etichetta dal 2012 e grazie al supporto di questo magnifico collettivo siamo cresciuti moltissimo. Ora all'interno di questa bella casa, assieme a Paolo Baldini, ci siamo ritagliati uno spazietto tutto nostro, dal quale pubblicheremo i prossimi lavori del nostro team di lavoro. Uscirà il prossimo lavoro di Paolo Baldini “Dubfiles at Song Embassy”, che è un disco/documentario realizzato in Giamaica lo scorso febbraio, e a novembre uscirà il disco dei nostri fratelli sardi Forelock&Arawak. Abbiamo anche deciso di festeggiare questa nuova etichetta presentandone il roster in giro per l'Italia in un mini festival itinerante che toccherà cinque città italiane a fine novembre. E verranno a trovarci ospiti con i quali abbiamo già collaborato, come Jah9, Richie Campbell, Sr. Wilson, The Gideon & Selah, Micah Shemaiah... Una bella line up direi!

NG. Ci sono featuring particolari in corso o che vorreste fare?
MM. Siamo sempre al lavoro anche su questo fronte, ma non posso sbilanciarmi per il momento!

NG. Nonostante la vostra  età vi si può a pieno titolo ormai definire dei veterani del genere. Viaggiando tanto per questa musica come vedete i cambiamenti che stanno interessando il reggae? La contaminazione con la musica elettronica, la trap etc etc?
MM. E dire che noi ci sentiamo ancora dei novellini! È bello vedere come il reggae continui ad essere in viaggio. Credo si stia muovendo secondo un duplice binario. Da un lato c'è tanta gente che lo sta innovando, contaminando, mescolando con altre sonorità (pensa al lavoro incredibile che ha fatto Diplo con Major Lazer) più elettroniche. Dall'altro lato invece si sta andando alla riscoperta della storia del reggae, del roots più autentico. E allora vedi Chronixx, Jah9, o tutte le label giapponesi che ristampano vere e proprie perle scovate in chissà quale studio abbandonato di Kingston...

NG. Adesso date le mie origini non posso non chiedervelo. Quando potremo vedervi in Salento?
MM. Prima chiedevi se avessimo un rammarico sull'estate appena passata: beh a me dispiace proprio aver trascurato un po' il Salento in questi ultimi tour. Ma spero proprio che ci rifaremo presto!

NG. E adesso una domanda, l'ultima, che faccio a tutti indipendentemente dal genere musicale di appartenenza. Se entrassi in un negozio che ha tutto ma proprio tutto quello che è stato prodotto finora, quali sarebbero i primi 3 cd che compreresti?
MM. Domanda difficilissima! Io sono un grande fan dei Midnite quindi mi metterei alla ricerca di qualcosa di loro che ancora non ho. Però direi che in una casa non dovrebbero mai mancare Abbey Road, Uprising e Nevermind.

Intervista di Luigi Rizzo con il prezioso aiuto di Francesco "Hearth on Fire" Sponziello

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